venerdì 27 settembre 2024

Il dramma dei rifugiati e la tragedia dei suicidi giovanili al Ferrara Film Festival


Nella sesta giornata (ieri) la manifestazione cinematografica punta l’attenzione su importanti problemi del mondo contemporaneo: la fuga dai regimi politici oppressivi d’oriente e la depressione, che porta al suicidio nell’occidente opulento.

Ma il pomeriggio è aperto dalla verve dell’attrice e regista ferrarese, Roberta Pazi. La platea del Teatro Nuovo si scatena con applausi e urla d’entusiasmo (quasi da stadio) per la presentazione del suo cortometraggio “La paura di vincere”. Pazi gioca in casa – si potrebbe sostenere, proseguendo con la metafora calcistica – poiché tra le sue mille attività in città organizza e tiene laboratori teatrali ed è produttrice con la DestinationFilm. Il corto affronta il tema della paura di fallire, di non essere all’altezza della situazione; guest star: l’intramontabile cantautore Bobby Solo, che in un video - messaggio ha inviato i suoi saluti a Ferrara e al suo festival.

Poi vengono proiettati due documentari in selezione ufficiale. “What we fight for” (di Sara Del Dot e Carlotta Marrucci) conduce lo spettatore a immergersi nel dramma personale e sociale delle donne iraniane, che devono lasciare la propria terra per sfuggire a un regime totalitario e oppressivo. Le seguiamo nel loro doloroso viaggio tra violenze (fisiche ma anche sessuali), povertà ed emarginazione, ma anche durante coraggiose manifestazioni di protesta nelle piazze delle città europee con l’ormai famoso taglio dei capelli in pubblico.

Con “Losing Grace finding hope” (diretto da Marcia Carroll, che – presente sul palcoscenico di FFF – si commuove sinceramente, parlando della sua opera) la scena cambia completamente: siamo negli Stati Uniti per scoprire la tragedia di una ricca famiglia, che deve gestire il dolore per il suicidio dell’adolescente Grace, bella e intelligente, ma affetta da una forma di depressione genetica. In 94 minuti il pubblico soffre a contatto con una sottile e perfida forma di devastazione, che raggiunge i nostri giovani anche quando sembra posseggano tutto, il necessario e pure il superfluo.

La serata si conclude con l’attrice Carol Alt, che risponde alle domande del talk show del festival in una affollata piazza Trento e Trieste (con red carpet annesso) e poi siede in platea per assistere al film “My last best friend”, girato negli Stati Uniti da un italianissimo Filippo M. Prandi. Nato a Bologna, si mostra a suo agio nella conduzione di un lungometraggio tra le strade di New York.

Ancora proiezioni oggi con opere provenienti anche da Usa e Regno Unito.

(Domenico Allocca)




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