Ci sono degli attimi magici nella vita di una persona.
Quando metti in pausa tutto lo scorrere degli eventi, chiudi il mondo nell’armadietto e ti dedichi anima e corpo a quello che sai ti farà trascorrere un momento unico, un’estasi senza paragoni.
Per me si tratta di quello che chiamo il “Momento cassatina”, che – come si può facilmente intendere - ha come protagonista l’incredibile dolce siciliano, che talvolta può essere sostituito da un altrettanto portentoso cannolo, anch’esso rigorosamente “made in Sicily”. Non funziona con qualsiasi altro dolce (ho provato inutilmente con pampapato, ricciolina, tenerina e – udite udite - anche con l’insuperabile torta di tagliatelle), poiché lo sconvolgimento glicemico e la tempesta calorica, che vengono generate dai due suddetti portenti della pasticceria, non sono eguagliabili.
Ah, mi presento. Sono Petronio Ansaloni, impiegato di concetto.
Ma torniamo a noi.
Allora dicevamo.
Acquisto la suddetta bomba di gusto in un supermercato (di cui non rivelo altro, per non incorrere in sospetto di pubblicità occulta), poiché ovviamente qui a Ferrara è difficile trovare una pasticceria che la sforni.
Pasticci di maccheroni e cappellacci, quanti ne vuoi, ma la cassatina è allotria, quindi bisogna ricorrere a un piccolo stratagemma e accontentarsi del prodotto “congelato all’origine e decongelato in punto vendita”.
Qualche purista potrebbe obiettare che non sia la stessa cosa, che una cassata siciliana confezionata dalle sapienti mani sicule ha un sapore mooolto differente.
Ma la risposta è presto detta: piuttost che nient, l’è mej piuttost.
Allora dicevamo.
Acquistata la confezione nel supermercato, ecco che la difficoltà produce un raddoppio del piacere. Nella scatolina sono presenti ben due cassatine, quindi la bomba è doppia, la deflagrazione è potenziata e la base chimica del “Momento cassatina” viene esaltata al punto giusto.
Di solito mi reco con il prezioso bottino tra le mani in un piacevole parchetto, che sorge su via Caldirolo, dietro al cimitero di Quacchio. Qui c’è un grazioso angolo di campagna che – come solo a Ferrara e in poche altre città accade – è a ridosso delle mura, quindi ti fa assaporare la gradevole sensazione dell’aria estense, ma è abbastanza immerso nel verde e così entri in un’altra dimensione. Sì, poiché è proprio di questo che si tratta. Alcuni minuti di intenso piacere estatico, parlo di estasi incomparabile, in cui affanni e dolori della vita umana rimangono lontani.
Allora dicevamo.
Già il percorso dal supermercato alla panchina del parco ha qualcosa di mistico. L’anima si dischiude nell’attesa dell’imminente incontro e leopardianamente comincia a pregustare il momento.
Il pacchettino, che contiene il prezioso carico, garantisce l’imminente esplosione estatica. E qui la fantasia e il ricordo si mescolano e ritornano in vita le rimembranze di altrettanti voluttuosi incontri del passato.
Ed ecco che il sogno diventa realtà.
Arrivo alla panchina e mi seggo. Mi guardo intorno, cullato dal dolce cinguettio degli uccellini, interrotto talvolta dal gracchiare di qualche immancabile corvo.
In primavera la visione è arricchita da distese di filari di pesco in fiore, accarezzati da timidi raggi solari.
Di solito, quindi, apro la confezioncina e comincio a estrarre e gustare il piacevole contenuto, facendo attenzione a non farne cadere neppure un pezzetto. Cerco di prendere in un solo morso la glassa, la ricotta e il candito. I primi bocconi sono i migliori.
Le papille gustative impazziscono.
La glicemia schizza alle stelle.
Una vertigine mi avvolge e l’anima ringrazia il corpo per la performance.
Penso alla bellezza dell’esistenza umana (Leopardi, strigat mo ben), ai mille piaceri della vita: dal cibo all’amicizia, dalla musica all’amore.
Apprezzo la pace della nostra bella pianura: laboriosa, civile e tranquilla.
E così il naufragar m’è dolce in questo mare di verde, cielo azzurro e fiori colorati.
Che cosa si può desiderare di più? Pochi attimi di felicità…
E veniamo ai giorni nostri. L’altra mattina mi accingevo a dare vita al classico “Momento cassatina”.
Avevo curato sapientemente e rigorosamente ogni preparativo.
Arrivo sull’agognata panchina ed ecco che sbuca da un angolino Martino, il netturbino. Sta svuotando il cestino con il suo solito furgoncino. E’ molto diligente nella sua occupazione, un cultore del bel gesto e del lavoro pulito.
Mi guarda da lontano e mi saluta. E’ più gioviale del solito.
Si avvicina. Io intanto ho aperto la confezione.
Mi guarda con un lieve disappunto. Io mi blocco.
<<Mo ve’, non farà mica male tutto quel dolce lì. C’è della glicemia da star male>>
Lo guardo, immobile.
<<Non sono mica fatti miei, intendiamoci. Ognuno è libero di far quel che vuole>>
Continuo a fissarlo.
<<Il mio vicino di casa ha iniziato una cura per il diabete e non ne viene mica fuori, ormai>>
A questo punto, invece, fisso le due cassatine, come un padre amorevole. Voglio quasi convincerle della necessità del sommo sacrificio.
<<Ne vuoi mica una? Per me sono troppe>>, lo sto dicendo e non sono neppure sicuro che sia la mia bocca a parlare.
<<Se proprio insisti...>>, risponde lesto Martino. Lascia il sacchetto dell’immondizia e viene a sedersi sulla panchina al mio fianco.
Mi meraviglio, poiché di solito è ben schivo e non accetta nulla. Evidentemente stamattina non resiste alla tentazione.
Iniziamo a mangiare, entrambi con lentezza.
I primi bocconi sono i migliori.
Le papille gustative impazziscono.
La glicemia schizza alle stelle.
Una vertigine ci avvolge e l’anima ringrazia il corpo per la performance.
La cassatine sono terminate.
Ci guardiamo soddisfatti.
Penso che, forse, gustare in due il “momento cassatina” possa aumentarne il piacere.
… ma non troppo spesso, però.
(Domenico Allocca)
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